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Nasce l'astronomia "multimessaggero": una nuova era per l'osservazione dell'universo

Comunicato stampa pubblicato il giorno 16/10/2017

 La fusione di due stelle di neutroni è stata osservata per la prima volta sia con le onde gravitazionali, sia con la radiazione elettromagnetica dai telescopi a terra e nello spazio scoprendo, tra l’altro, che in quegli eventi si formano elementi chimici pesanti, come oro e platino. Determinante per l’identificazione del segnale gravitazionale e per la caratterizzazione della sorgente è stato il contributo italiano, con una grande partecipazione di strumenti e ricercatori coinvolti.

Per la prima volta nella storia dell’osservazione dell’universo, è stata rivelata un’onda gravitazionale prodotta dalla fusione di due stelle di neutroni e captata, dalle onde radio fino ai raggi gamma, la radiazione elettromagnetica associata alla poderosa esplosione avvenuta durante il fenomeno. È la prima volta che un evento cosmico viene osservato sia nelle onde gravitazionali che elettromagnetiche, avviando così l’era dell’astronomia multimessaggero, che estende in modo decisivo il nostro modo di “vedere” e “ascoltare” il cosmo. La scoperta è stata realizzata grazie alla sinergia tra i due Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (l'Osservatorio LIGO) negli Stati Uniti insieme al rivelatore VIRGO, in Europa, abbinata alle osservazioni e alle indagini nella banda elettromagnetica ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, come Fermi e Integral, Swift, Chandra, Hubble, che hanno permesso di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda.

L’Italia è tra i protagonisti a livello mondiale di questo straordinario risultato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), che ha fondato il rivelatore per onde gravitazionali VIRGO, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che ha “fotografato” e quindi riconosciuto e caratterizzato, tra i primi al mondo con strumenti da terra e dallo spazio, la sorgente denominata AT2017gfo e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che partecipa con missioni dedicate all’astrofisica delle alte energie.

L’evento è avvenuto a 130 milioni di anni luce da noi, alla periferia della galassia NGC4993, in direzione della costellazione dell’Idra. Le due stelle di neutroni, a conclusione del loro inesorabile e sempre più frenetico processo di avvicinamento, hanno spiraleggiato una intorno all’altra, emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Quando si sono scontrate, hanno emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato nello spazio circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali dal satellite Fermi della Nasa e quindi confermato dal satellite Integral dell’ESA. Nei giorni e nelle settimane successive allo scontro cosmico è stata individuata l’emissione di onde elettromagnetiche in altre lunghezze d’onda, tra cui raggi X, ultravioletti, luce visibile, infrarossi e onde radio. I ricercatori italiani dell’INAF hanno potuto raccogliere e analizzare, grazie al telescopio REM (Rapid Eye Mount) e quelli dell’ESO VST (VLT survey telescope) e VLT una preziosissima messe di informazioni su questo evento. Decisivo è stato anche il contributo fornito dai dati provenienti dallo spazio grazie alle missioni Integral e Swift, che vedono la partecipazione dell’Agenzia Spaziale italiana, CHANDRA (Nasa) e Hubble (NASA-ESA).

Gli astronomi hanno avuto un'opportunità senza precedenti per sondare con tutti i migliori strumenti per l’osservazione dell’universo oggi in funzione la collisione di due stelle di neutroni. Le osservazioni fatte dal telescopio Very Large Telescope (VLT) e guidate da ricercatori italiani rivelano evidenze della sintesi di elementi pesanti scaturiti in seguito all’immane esplosione, come l'oro e il platino e risolvendo così il mistero, che durava da decine di anni, sull’origine di quasi la metà di tutti gli elementi più pesanti del ferro. Alle stesse conclusioni portano i dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble della NASA. Gli scienziati hanno inoltre avuto la prima conferma diretta che le collisioni tra stelle di neutroni danno origine ai famosi ‘lampi di raggi gamma’ (o Gamma-Ray Burst, GRB) di breve durata.

I risultati di LIGO-VIRGO sono pubblicati oggi nella rivista Physical Review Letters, mentre molti altri articoli sia delle collaborazioni LIGO e VIRGO che della comunità astronomica legata ai telescopi spaziali, come Integral e Fermi, sono stati presentati o accettati per la pubblicazione in varie riviste, e vedono protagonisti moltissimi ricercatori italiani. Due articoli su Nature hanno come primi autori scienziati dell’INAF.

Un gioco di squadra 

Il segnale gravitazionale, denominato GW170817, è stato rilevato il 17 agosto alle 14:41 ora italiana. La rilevazione è stata fatta dai due rilevatori gemelli LIGO, situati a Hanford, nella stato di Washington e Livingston, in Louisiana, e le informazioni fornite dal terzo rivelatore, VIRGO, situato in Italia, vicino a Pisa, hanno permesso la precisa localizzazione dell'evento cosmico.

Sempre il 17 agosto, quasi in contemporanea, il Gamma-ray Burst Monitor del telescopio spaziale Fermi della NASA ha rivelato un lampo di raggi gamma di breve durata (GRB, Gamma Ray Burst, osservazione poi confermata dal satellite Integral. Il software di analisi LIGO-VIRGO ha messo insieme i due segnali, da cui si è dedotto che era altamente improbabile che si trattasse di una coincidenza casuale. Un’ulteriore analisi automatica ha messo in evidenza la presenza di un segnale gravitazionale coincidente nel secondo rivelatore LIGO.

L’onda gravitazionale è stata captata prima dai rilevatori LIGO negli Stati Uniti, e poi da VIRGO in Italia, che ha giocato un ruolo fondamentale in questo risultato. A causa del suo orientamento rispetto alla sorgente al momento della rivelazione, VIRGO ha registrato un piccolo segnale che, combinato con le dimensioni e la tempistica del segnale nei rivelatori LIGO, ha consentito agli scienziati di triangolare con precisione la posizione nel cielo della sorgente. Dopo aver eseguito un approfondito controllo per assicurarsi che i segnali non fossero un artefatto degli strumenti di rivelazione, gli scienziati hanno concluso che l'onda gravitazionale veniva da un’area relativamente piccola, solo 28 gradi quadrati, nel cielo dell’emisfero meridionale.

La rapida rilevazione dell'onda gravitazionale da parte della collaborazione LIGO-VIRGO, associata con il picco di raggi gamma registrati da Fermi, ha permesso il lancio del programma di follow-up dei telescopi in tutto il mondo. Il record di precisione nella localizzazione ha dunque permesso agli astronomi di eseguire in tempi brevissimi osservazioni di follow-up che hanno portato a una inedita ricchezza di risultati eccezionali.

Grazie all’inedita precisione nella localizzazione dell’evento gravitazionale, decine di osservatori in tutto il mondo sono stati in grado, ore più tardi, di iniziare a scandagliare la regione del cielo da cui si pensava che il segnale provenisse. Per primi sono stati i telescopi ottici a individuare un nuovo punto di luce, simile a una nuova stella. Anche l’Italia ha risposto con i telescopi e il personale dell’INAF, già pronti e organizzati a seguire tempestivamente, agli allerta di LIGO e VIRGO, ed è così riuscita tra i primi al mondo a raccogliere le prime immagini della sorgente. In seguito, circa 70 telescopi a terra e nello spazio hanno osservato l'evento alle varie lunghezze d'onda. Dai dati, frutto di questo straordinario lavoro di squadra tra tutti gli osservatori che hanno potuto rivelare il segnale, emerge un'immagine generale che conferma ulteriormente che la sorgente delle onde gravitazionali è stato un evento di fusione di una coppia di stelle di neutroni.

Un evento stellare all’origine dei famosi lampi di raggi gamma

I dati di LIGO-VIRGO indicavano che due oggetti astrofisici situati alla distanza - relativamente vicina - di oltre 130 milioni di anni luce dalla Terra avevano orbitato l’uno intorno all'altro per poi fondersi in un unico corpo, e suggerivano che gli oggetti non fossero massicci come le coppie di buchi neri individuate da LIGO e VIRGO in precedenti osservazioni. Le masse degli oggetti spiraleggianti sono state, infatti, stimate da 1,1 a 1,6 volte la massa del Sole, quindi nell’intervallo di massa previsto per le stelle di neutroni. Le stelle di neutroni sono le stelle più piccole e più dense che esistano, e si formano quando stelle di grandi dimensioni esplodono in supernovae. Una stella di neutroni ha un diametro di circa 20 chilometri, ed è così densa che un cucchiaino della materia di cui è composta pesa circa un miliardo di tonnellate.

Inoltre, mentre i sistemi binari di buchi neri producono segnali (“chirp”) che durano una frazione di secondo nella banda sensibile di LIGO e VIRGO, il chirp del 17 agosto è durato circa 100 secondi ed è stato visto attraverso l'intero intervallo di frequenza di LIGO – simile a quello dei comuni strumenti musicali. Gli scienziati hanno così potuto identificare la sorgente del segnale in oggetti che erano molto meno massicci dei buchi neri finora osservati.

Secondo le ipotesi teoriche, quando le stelle di neutroni si scontrano, dovrebbero produrre onde gravitazionali e raggi gamma, insieme a potenti getti di luce attraverso tutto lo spettro elettromagnetico. Le nuove osservazioni confermano così che almeno alcuni dei GRB sono generati dalla fusione di stelle di neutroni, fatto che finora era stato solo teorizzato ma mai provato sperimentalmente.

Ma, mentre un mistero sembra essere risolto, nuovi misteri sono emersi. L'esplosione di raggi gamma osservata è stata una delle più vicine alla Terra viste finora, ma è sorprendentemente debole per la sua distanza. Sappiamo che l’emissione dei lampi gamma viene incanalata lungo due “getti” (come due coni che si dipartono in direzioni opposte). Questo significa che noi possiamo vedere bene solo i lampi gamma il cui getto luminoso è orientato verso la Terra (circa uno ogni 100-200 eventi, secondo le più recenti stime). Il lampo gamma associato all’evento gravitazionale del 17 agosto potrebbe essere debole perché visto “di sbieco”. Le osservazioni X e radio sembrano confermare questa ipotesi affascinante. Gli scienziati stanno già cominciando a proporre nuovi modelli per spiegare questo fatto e nuove, interessanti osservazioni sono attese nei prossimi anni.

La kilonova e la sintesi degli elementi pesanti

Circa 130 milioni di anni fa, le due stelle di neutroni, separate solo da circa 300 chilometri, erano nei loro ultimi momenti di orbita l’una attorno all’altra, accumulando velocità mano a mano che la distanza tra loro diminuiva. Mentre le stelle ruotavano sempre più veloci e più vicine, stiravano e distorcevano lo spaziotempo circostante, emettendo una grande quantità energia sotto forma di onde gravitazionali, prima di fondersi l'una nell'altra.

Al momento della collisione, gran parte della massa delle due stelle di neutroni si è fusa in un oggetto densissimo, emettendo un lampo di raggi gamma. Le misure iniziali di raggi gamma, combinate con la rivelazione dell'onda gravitazionale, forniscono anche la conferma della teoria della relatività generale di Albert Einstein, secondo cui le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce.

Ciò che segue la fusione di due stelle di neutroni è una “kilonova”, un fenomeno durante il quale il materiale rilasciato dalla collisione delle stelle di neutroni viene lanciato violentemente lontano nello spazio dando origine a processi di nucleosintesi di elementi pesanti. Le nuove osservazioni basate sulla luce mostrano che in queste collisioni vengono creati elementi pesanti, come il piombo e l'oro, che vengono così successivamente distribuiti in tutto l'universo.

Nelle settimane e nei prossimi mesi, i telescopi di tutto il mondo continueranno a osservare l’evoluzione della collisione delle stelle di neutroni e a raccogliere ulteriori prove sulle varie fasi della loro fusione, la sua interazione con l’ambiente circostante e i processi che producono gli elementi più pesanti dell'universo. La sfida della astrofisica di eventi multimessaggeri è appena stata lanciata e gli scienziati italiani sono pronti a raccoglierla.

Il gruppo INFN VIRGO a Urbino

Il gruppo INFN Virgo dell’Università di Urbino partecipa a VIRGO con ruoli chiave nella costruzione dello strumento, in particolare delle sospensioni monolitiche che serviranno a ridurre ulteriormente il rumore termico e che sono state testate nel laboratorio di Urbino, nell’analisi dati del network di interferometri e nella ricerca di coincidenze con segnali elettromagnetici (ottici, raggi X, raggi gamma, …). Uno dei software che analizza in low latency i dati, permettendo di diffondere l’allerta e le caratteristiche necessarie all’individuazione nel cielo di un evento nel tempo di qualche decina di minuti, è stato sviluppato ad Urbino in collaborazione con altri laboratori di Virgo. Una tale velocità di analisi è fondamentale per effettuare analisi multi-messenger, che coinvolgono gli interferometri LIGO-Virgo e i telescopi tradizionali.

Maggiori informazioni sull’attività ad Urbino sono disponibili su: http://virgo.uniurb.it

La collaborazione Virgo consiste di oltre 280 fisici e ingegneri appartenenti a 20 diversi gruppi di ricerca europei: sei appartenenti al Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) in Francia; otto all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) in Italia; due al Nikhef in Olanda; il MTA Wigner RCP in Ungheria; il gruppo POLGRAW in Polonia; uno all'Università di Valencia in Spagna; l'European Gravitational Observatory, EGO, il laboratorio che ospita il rivelatore Virgo vicino Pisa in Italia, finanziato da CNRS, INFN e Nikhef.

LIGO è finanziato da NSF e operato da Caltech e MIT, che hanno concepito LIGO e guidato i progetti Initial e Advanced LIGO. Il supporto finanziario per il progetto Advanced LIGO è stato fornito principalmente da NSF, con significative partecipazioni e contributi al progetto da parte di Germania (Max Planck Society), Gran Bretagna (Science and Technology Facilities Council) e Australia (Australian Research Council). Più di 1200 scienziati e circa 100 istituzioni da diverse parti del mondo partecipano nell'impresa attraverso la LIGO Scientific Collaboration, che include la Collaborazione GEO e la collaborazione australiana OzGrav. Ulteriori partecipanti sono elencati su http://ligo.org/partners.php.

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