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Zone equatoriali: mari più alti fino ad un metro entro il 2100

Comunicato stampa pubblicato il giorno 19/02/2013

Lo studio condotto dal prof Giorgio Spada in collaborazione con scienziati europei. Le previsioni per l’anno 2100 dicono che il maggiore aumento del livello dei mari riguarderà le coste che si affacciano sugli oceani equatoriali. Lo prova lo studio del professor Giorgio Spada, docente del Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti (DiSBeF) dell'Università degli Studi di Urbino, che sarà a breve pubblicato sulla rivista americana Geophysical Research Letters, scritto in collaborazione con scienziati del Glaciology Centre di Bristol (UK).   Le zone più a rischio sono le coste scarsamente elevate sul livello marino attuale e quelle che sono, allo stesso tempo, più popolate. In particolare, quelle dell’estremo oriente, degli Stati Uniti e del centro America, e le isole dell’Oceano Pacifico. Qui infatti – dice il prof Spada - gli effetti che contribuiscono alle variazioni del livello marino tendono a combinarsi per dare le maggiori ampiezze attese. In Europa, le variazioni del livello marino future dovrebbero essere significativamente più basse rispetto ai valori medi globali. Il prof Spada ritiene che questo sia dovuto agli effetti dello scioglimento dei ghiacci polari relativamente vicini all’Europa (in particolare, quelli della Groenlandia), che tendono a mitigare, in questa regione, gli effetti delle altre componenti. Fra le città europee, quella che - secondo lo studio del prof Spada - risentirà maggiormente dello scioglimento delle masse glaciali continentali sarà Venezia   Dunque, a causa dello scioglimento dei ghiacci continentali, nel 2100 nelle zone equatoriali del pianeta si dovrebbe raggiungere un aumento del livello marino di circa 30 cm. Tenendo conto anche dell’aumento causato dal riscaldamento degli oceani in risposta al “globalwarming”, l’aumento potrebbe raggiungere, nello scenario più probabile, i 60 cm. Si tratta di valori che superano considerevolmente quelli osservati nel corso del secolo scorso, su scala globale (circa 20 cm). Scenari estremi, elaborati nello stesso studio, mostrano tuttavia che l’aumento di livello marino potrebbe essere ancora più elevato, fino a circa un metro. L’indagine rappresenta uno dei risultati finali del progetto europeo di larga scala “ice2sea”, finanziato dalla UE nell’ambito del programma quadro FP7. L’obiettivo di “ice2sea” è una migliore comprensione degli effetti che le variazioni climatiche in atto hanno sulle masse glaciali continentali, e di fornire scenari di variazioni future del livello marino su scala regionale. Il progetto, che ha visto la partecipazione di altri 23 Istituti di Ricerca europei ed internazionali, è coordinato localmente dal prof. Giorgio Spada. Nell’ambito di “ice2sea”, il ruolo dell’Unità di Ricerca di Urbino è stato quello di studiare la componente glacio-isostatica delle variazioni del livello marino attese in conseguenza dello scioglimento delle grandi masse glaciali continentali. Il gruppo di Bristol, per la prima volta,  ha utilizzato modelli glaciologici realistici per stimare le variazioni future dei volumi delle masse glaciali della Groenlandia, dell’Antartide e dei piccoli ghiacciai continentali. Questi volumi sono stati tradotti in termini di variazioni di livello marino dall’Unità di Ricerca di Urbino.

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