Seminario
La Guerra in Vietnam cinquant'anni dopo: storia, testi, narrazioni
Abstract dell'evento
Il 30 aprile 1975 i nordvietnamiti conquistarono Saigon, venne firmato un armistizio che pose fine a una guerra che in realtà non è mai stata dichiarata, ma che era di fatto cominciata nel 1954 dopo la separazione in due del Vietnam, avvenuta in base all’accordo di Ginevra. Secondo molti studiosi il sostegno americano del Sud del Vietnam era già iniziato nel 1946, attraverso le forniture di armi e l’invio di consiglieri militari. Tuttavia fu solo nel 1968 che l’intervento americano toccò il suo apice con 540.000 militari presenti in Indocina. Già dall’anno successivo la tendenza si invertì e il disimpegno definitivo avvenne solo tra il 1973 e il 1975.
La Guerra del Vietnam finì così ingloriosamente per gli Stati Uniti lasciando gravissimi strascichi, peraltro presenti ancora oggi, sia per quanto riguarda le conseguenze materiali e psicologiche sui moltissimi reduci feriti e invalidi, sia per quel che concerne la coscienza morale della popolazione, improvvisamente consapevole della probabile fine del ruolo di “potenza democratizzante”. Per molti critici il sogno dell’’eccezionalismo americano’ si infranse dunque contro la resistenza dei combattenti nordvietnamiti e contro l’inadeguatezza dei comandanti statunitensi, incapaci di trovare nuove strategie e nuove idee per un conflitto così particolare.
La prima guerra televisiva – qualcuno ha addirittura parlato di dining-room war – rimase nel corso degli anni Settanta una ferita non rimarginata nel sentimento nazionale americano. In questo contesto di aspettative fortemente disilluse, l’industria culturale manifestò orientamenti diversi, a seconda delle periodizzazioni interne della Vietnam Era, che oscillavano tra l’adesione alle ragioni dell’intervento, la presa di distanza che dava voce al fronte interno non interventista e la ricerca di una sorta di rivalsa morale nei confronti della dirty war.
Per il fronte interno, la Guerra del Vietnam costituì il simbolo stesso di due elementi che avevano caratterizzato il mito della “Regeneration Through Violence”:[1] l’imperialismo e la sopraffazione militare e culturale. Il fronte contrario alla guerra trovò diverse occasioni di espressione: da un lato le notizie di massacri dei civili, talvolta correlate da fotografie molto crude, scuotevano l’opinione pubblica; dall’altro i reduci che tornavano in patria erano insultati dai alcuni pacifisti perché rappresentavano proprio ciò che essi combattevano.
Con il disimpegno americano e la successiva riunificazione del Vietnam si chiuse una stagione di grandi dispute all’interno dell’opinione pubblica e si aprì un nuovo periodo della storia americana: la nazione che non aveva mai perso una guerra fu sconfitta in un conflitto costato decine di migliaia di vite tra i soldati statunitensi e milioni tra i vietnamiti, contando militari e civili (le stime più autorevoli parlano di circa due milioni).
Terminata la guerra, il primo meccanismo che operò nella psicologia collettiva americana fu la rimozione. Quella del Vietnam era un conflitto da dimenticare e i primi a subire le conseguenze di questa soppressione generalizzata furono i reduci. Questi, infatti, percepirono già in guerra, grazie alla corrispondenza, che l’appoggio dei compatrioti era tutt’altro che unanime e che in the world si stava diffondendo un certo fenomeno contestativo. Inoltre, per riportare i soldati in patria il governo scelse come mezzo di trasporto l’aereo e non le navi che avevano riportato a casa i reduci della Seconda guerra mondiale. Dunque, dallo shock della guerra nella giungla alla vita civile passò solo qualche ora, un lasso di tempo del tutto insufficiente per attuare il famoso decompress time, il ”tempo di decompressione” indispensabile per il rientro non traumatico dei combattenti. Una volta a casa, non fu organizzata alcuna festa e le istituzioni si disinteressarono completamente delle loro sorti. Molti rientrarono feriti e tossicodipendenti, diventando presto dei disadattati sociali, incapaci di ritrovare il ritmo quotidiano dei rapporti umani. In grado di svolgere solo le mansioni più umili, come i custodi o le guardie giurate, numerosi reduci del Vietnam diventarono presto degli marginali.
All’inizio degli anni Settanta l’immagine del reduce disorientato, reietto, vittima della follia della guerra, si cristallizzò nella mente dell’opinione pubblica anche grazie al successo di alcuni film come e Taxi Driver (Martin Scorsese, 1976) e Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979), i quali tratteggiarono il conflitto del Vietnam come una guerra surreale e grottesca e il reduce come uno psicotico sempre pronto a commettere atti folli e violenti. Alla rappresentazione assai negativa del reduce prodotta dall’industria culturale e dei media, si sommarono numerosi fatti di cronaca che vedevano protagonisti ex combattenti in Vietnam, coinvolti in crimini gravi come omicidi, rapimenti.
A mutare il panorama nel 1980 intervenne un desiderio di rivincita che il revisionismo d’ispirazione reaganiana reinterpretò alla luce di un’idea guida che potesse provocare una rilettura del conflitto, cercando così di rimediare al senso di delusione. Ciò avvenne in base alla convinzione che pur essendosi trattato di una guerra ingiusta, coloro che l’avevano combattuta non solo erano comunque degni di rispetto, ma spesso erano in realtà degli eroi. Non stupisce dunque che, a partire dagli anni Ottanta, negli Stati Uniti il reduce del Vietnam sia stato visto come un uomo perseguitato da un’ampia gamma di disgrazie, tradito dal suo stesso governo e anche dai suoi concittadini. Come risultato di tutto ciò il reduce acquisì una statura quasi mitica, diventando un survivor hero che, dopo aver combattuto in Vietnam in terribili condizioni e per cause controverse, cerca di rientrare nella vita civile di un’America ingrata. Attraverso la sua potente nuova immagine, l’esperienza in Indocina ha quindi formato, ridefinito e reinventato la visione della guerra dell’America e la categoria di Post Traumatic Stress Disorder, il disturbo psichico più frequente tra i reduci rientrati in patria.
A partire dal 1980 iniziò un’ampia offerta di romanzi dedicati al reduce del Vietnam. I loro contenuti, almeno inizialmente, erano da ricondurre a sentimenti revanscisti, alla speculazione sulle infondate speranze dei parenti di ritrovare i circa duemila soldati dati per dispersi e al tentativo di riprodurre miti eroici che sembravano in via di dissolvimento. Il tutto costruito con una visione sostanzialmente misogina. Il nuovo reduce non solo sfrutta a fin di bene le proprie abilità di guerriglia acquisite in Vietnam, ma anche possiede una sensibilità eccezionale nei confronti di donne e bambini. Casi esemplari di questo mutamento di rappresentazione sono alcuni film noti, come Rambo (Ted Kotcheff, 1982) e Missing in Action (Joseph Zito, 1984).
Oggi, a cinquant’anni esatti dalla caduta di Saigon, cosa rimane del conflitto? Negli Stati Uniti si è prodotto un corpus di opere, letterarie e saggistiche corposissimosimo. Quali sono oggi i testi e gli autori ancora attuali? Com’è stato visto il conflitto in Italia negli anni Ottanta e com’è visto oggi?
Il seminario cercherà di rispondere ed alcune di queste domande e ad altre questioni anche legate all’attualità.
Programma
11:00 - Introduzione al seminario. Che cos’è la Guerra in Vietnam, Giulio Segato
11:15 - Inizio sessione letteraria, presiede Giulio Segato (Uniurb)
- Mattia Arioli (Unibo), Dall'espressione di dissenso al ricordo di un'epoca: memoria, fumetto (di guerra) e pacifismo
- Giacomo Traina (La Sapienza/Units), La guerra dopo la guerra. La memoria del conflitto nella letteratura dei vietnamiti d’America
- Emilio Gianotti (Uniurb), Tradurre lo sguardo del reduce. L’edizione italiana di Winning Hearts and Minds
12:45 - 13:00 Discussione
14:30 - Inizio sessione storica, introduce e presiede Michele Cento (Uniurb)
14:40 - Rafaella Baritono (Unibo), Il Vietnam, la ‘bad war’ e la fine del secolo americano (Unibo)
15:20 - Alessandro Portelli (La Sapienza), La guerra del Vietnam e le culture giovanili (Uniroma1 “La Sapienza”)
16:00 - Discussione
16:30 - Fine dei lavori
Dettagli sull'evento
Data e luogo
Inizio: 28/05/2025
alle ore 11:00
Fine: 28/05/2025
alle ore 16:30
Collegio Raffaello (Urbino, Piazza della Repubblica, 13) Aula Magna
Organizzato e promosso da:
Discui
Modalità di partecipazione
Altre informazioni utili
Ingresso libero.